giovedì 18 marzo 2021

RESISTERE

In tempi di pandemia come quelli che stiamo vivendo si insiste spesso sulla necessità di tener duro in attesa di tempi migliori, quando un auspicato miglioramento della situazione sanitaria ci permetterà di essere più liberi e forse più ottimisti. Sarà vero? Si vedrà. Le associazioni di idee sono però strambe ed indisciplinate, e a me per esempio in casi come questo vengono spesso in mente episodi del passato che coinvolgono amici e vecchie conoscenze: qualcuno nel frattempo perso di vista per le vicende della vita, altri semplicemente andati avanti ed ormai presenti soltanto nei bei ricordi.
Questo aneddoto forse semplice e scontato mi ispira però sempre molta allegria. Anno 2007, stagione ormai avanzata sul finire dell’autunno con le prime nebbie e gelate mattutine. Il non più giovane amico Franco, già alpinista di razza che da qualche anno si dedicava alla rievocazione delle passate scorribande mediante spettacoli di diaporama molto seguiti dal pubblico, era stato invitato in terra emiliana per una proiezione. Decidemmo insieme che si sarebbe trattato di una gita di due giorni, e che l’avremmo accompagnato io con Adriano.
Tutto il viaggio di andata e ritorno fu l'occasione per un numero imprecisato di avventure ed episodi bislacchi, per fortuna tutti terminati a lieto fine. Dalle parti della bassa Lombardia rischiammo per esempio una rissa con alcuni teppistelli fascisti, messi tuttavia prontamente in fuga dalla possanza fisica e dall’intraprendenza tutta ertana messa in campo dal buon Adriano. Sulla strada del ritorno ci fermammo poi presso un luogo per noi assai caro e coinvolgente: la casa - museo della famiglia Cervi a Gattatico, dove per qualcuno del gruppo la commozione risultò talmente forte che ci scappò anche una lacrima galeotta.
Prima di ritornare in terra dolomitica a missione compiuta, nessuno di noi intendeva tuttavia rinunciare ad un veloce passaggio dalle parti di Canossa, dove ci era stato raccomandato un ottimo caseificio presso il quale avremmo potuto effettuare qualche acquisto di generi alimentari. Domenica mattina sul far del giorno eravamo dunque pronti per la colazione al bar, in attesa dell'orario di apertura dei negozi, mentre all'esterno la temperatura minima cominciava a portarsi verso medie pressoché invernali. Si aggirava nelle immediate vicinanze anche un gruppo di attempate signore del luogo, tutte bardate oltre il necessario con cappotti e piumini e tutte ammirate dalla tenuta ancora quasi estiva di Adriano, il quale è abituato a girare in maniche corte per buona parte dell'anno.
«Scusi, ma lei non ha freddo?», azzardò ad un certo punto una componente della comitiva femminile all'indirizzo del nostro, guardandolo sbalordita dal basso verso l'alto. Adriano a questo punto rivolse lo sguardo in direzione dei propri piedi, poiché in termini di altezza sovrastava la sua interlocutrice di un buon metro: «Certo che sì, Signora», fu la sua tonante risposta, «Ma resisto!»

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