venerdì 5 aprile 2019

REGINA VIARUM

Stando a quanto narrato nei libri di storia l'impero romano si sfasciò in via ufficiale nel 476 d.C. dopo un lento declino durato alcuni secoli, ma con mio grande sollievo la romanità non verrà mai meno. Ne sono stato testimone diretto alcuni anni addietro durante una delle mie prime visite alla città eterna, da me ritenuta in assoluto la più straordinaria dell'orbe terraqueo con buona pace di quanti continuano imperterriti a cantare le lodi di altre grigie e deprimenti metropoli senza anima e passato.
È una bella mattina di primavera piena di sole, ci troviamo sulla Via Appia antica sotto i celebri pini marittimi, ed abbiamo appena terminato di percorrere a piedi quelli che in antichità sarebbero stati gli ultimi otto chilometri della regina viarum per i viandanti in arrivo da Brindisi e diretti verso l'allora capitale del mondo antico: intorno a noi si estende a perdita d'occhio la bella e verde campagna laziale dove tuttora si ergono le vestigia degli acquedotti latini, mentre sul bordo della strada incrociamo a distanza ravvicinata monumenti ed antichi edifici legati al ricordo di personalità famose. Oltrepassiamo il tempio di Ercole Vincitore all'VIII miglio, e più avanti il mausoleo di Cecilia Metella: ancora oltre ci sono le catacombe di San Callisto dove la storia di Roma si mescola con quella della cristianità.
La quasi totalità del fondo stradale è stato ricostruito in tempi moderni per preservare l'integrità di questa testimonianza storica che oggi è anche una riserva naturale, ma alcuni tratti della pavimentazione sono originali e lasciano talvolta intravedere i solchi tracciati dalle ruote dei carri di due millenni fa. Il programma della giornata prevede anche una visita guidata ai resti archeologici della Villa dei Quintili, e dopo un breve pranzo al sacco ci prepariamo per l'ingresso in questo vero e proprio museo all'aperto, fra il verde ed i colori accesi degli alberi di giuda in fiore.
Il nostro è un gruppo di camminatori non numeroso ma composito, poiché facciamo parte di un'associazione che ha diverse sezioni nel Belpaese: questo giorno in particolare, inoltre, si è aggiunto alla comitiva un ulteriore partecipante che è originario della zona ed ha le sembianze di una maschera di Carlo Verdone con qualche anno in più, e sembra addirittura saperlo imitare con strabiliante perizia. Durante la visita, la guida ci spiega come come nel secondo secolo d.C. la villa fosse una residenza imperiale già appartenuta in precedenza ai due fratelli Sesto Quintilio Condiano e Sesto Quintilio Valerio Massimo, potenti proprietari terrieri in ottimi rapporti con gli imperatori Antonino Pio e Marco Aurelio: furono tuttavia meno fortunati quando venne la volta dell'imperatore Commodo, che li vedeva come il fumo negli occhi e li accusò di tradimento, facendoli condannare a morte ed impadronendosi così delle loro proprietà. Il Carlo Verdone de noàntri ascolta il racconto, concentratissimo.
La guida è esperta ed instancabile: ci illustra i diversi settori della tenuta, i mosaici ancora in ottimo stato di conservazione, il ninfeo privato dell'imperatore dove erano in funzione impianti termali e giochi d'acqua. Racconta in modo approfondito come poteva svolgersi la vita quotidiana di un sovrano assoluto di duemila anni fa, e alla fine si rende disponibile per eventuali domande e curiosità. È a questo punto che l'immortale romanità prende il sopravvento, quando il nostro ultimo venuto alza la mano e prende la parola per chiarire a se stesso alcuni dettagli di carattere storico che perfino lui, sebbene laziale e dunque ben calato nella peculiarità del luogo, sembra non afferrare del tutto. «M'è parso davvero interessante poco fa quando diceva che l'imperatore andava di qua, andava di là, faceva questo e faceva quello...», esordisce il simil - Verdone per arrivare infine al punto culminante della sua curiosità: «Ma questo imperatore di cui parlava, esattamente, era imperatoreddeché

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