giovedì 6 giugno 2019

LE AVVENTURE DEL MORETTO

Non mi piace scrivere sempre di me stesso, e ripropongo dopo qualche anno questa recensione già pubblicata nel 2006 nel mio precedente blog su piattaforma Splinder. Si tratta di una biografia che ho letto per la prima volta nell'anno del mio servizio civile alla fine dei Novanta, e che in qualche modo ha segnato il mio immaginario giovanile. Vivesse ai giorni nostri, il protagonista di questa storia verrebbe annoverato fra i cosiddetti cattivi: bombarolo, terrorista, mercenario, addirittura persecutore dei Nativi Americani. Questi sono gli appellativi che forse gli verrebbero assegnati. Ma era un'altra epoca, e non bisogna commettere l'errore di giudicare la storia col modo di pensare di oggi: il Moretto, com'era conosciuto Carlo di Rudio nell'infanzia bellunese, fu di certo anche trascinato dalle circostanze ed è il testimone di un tempo nel quale viaggiare fino all'altro capo del mondo era un'impresa ed un'avventura per pochi. Qualcuno partiva con destinazione incerta, pochi sopravvivevano e quasi nessuno tornava. Egli stesso non fece eccezione.

Il 25 giugno 1876, sono passati oltre 140 anni, si combatteva sulle praterie nordamericane la battaglia del Little Bighorn in cui perse la vita il colonnello George Armstrong Custer. La storia è stata rievocata, spesso con una buona dose di fantasia aggiunta, in un numero imprecisato di pellicole cinematografiche: se tra i lettori del blog si annida qualche appassionato di fumetti Bonelli come Tex o Magico Vento non ci sarà certo bisogno di raccontare ancora un volta cosa avvenne in quel combattimento tra Pellerossa e Giacche Blu. Mi piace tuttavia ricordare questo episodio storico perché ad esso prese parte anche un mio compaesano.
E non mi riferisco al già famoso Giovanni Martini, che era Campano di origine e fu il trombettiere di giornata di Custer portatore della richiesta di aiuto indirizzata al Maggiore Frederick Benteen: sul campo di battaglia quel giorno, oltre a numerosi altri italiani, c'era infatti anche il bellunese Carlo Camillo di Rudio, nato ai piedi del monte Serva nel 1832 e morto a Pasadena il 1 novembre 1910. A titolo di documentazione, per quanto desiderassero approfondire questa affascinante narrazione, segnalo il libro Dal Piave al Little Bighorn, scritto nel 1996 da Cesare Marino e dato alle stampe a Belluno da Alessandro Tarantola Editore.
Impiegherò solo poche righe per raccontare in breve cosa combinò in giro per il mondo questo irrequieto personaggio. Carlo era figlio del conte Ercole Rudio ed apparteneva alla nobiltà spiantata della cittadina dolomitica. Dopo un esordio di carriera come cadetto austriaco, venne coinvolto nei moti del Risorgimento italiano: prese parte ai combattimenti di Venezia e della Repubblica Romana nel 1848, fu amico di Pietro Fortunato Calvi e Giuseppe Mazzini, conobbe Giuseppe Garibaldi. Nel 1858 partecipò all'attentato contro Napoleone III in complicità con Felice Orsini ma venne catturato e deportato nella colonia penale della Cajenna. Riuscì tuttavia ad evadere e a rientrare di nascosto in Europa dopo pochi mesi di reclusione.
Ma nel vecchio continente la terra gli scottava ormai sotto i piedi, tanto che a trentun anni di età anni il Nostro sbarcò a New York dove proseguì la sua carriera militare arruolandosi nell'esercito degli Yankees e finendo a combattere nella Guerra di Secessione. Diventato Charles DeRudio, il nome che compare ancora oggi sulla sua tomba a San Francisco, il nobile bellunese venne aggregato al Settimo Cavalleggeri di Custer e passò ancora una volta indenne attraverso l'epico scontro tra Capelli Gialli, Sitting Bull e Crazy Horse. Incredibile a dirsi, morì tranquillamente di vecchiaia assistito dalla sua famiglia, sebbene in patria al giorno d'oggi quasi nessuno ricordi più il suo nome.

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