lunedì 5 novembre 2018

QUANTI RESTERANNO?

[...] È con profonda amarezza che noi assistiamo alla progressiva scomparsa di quel meraviglioso lavoratore specializzato, quell'impareggiabile artigiano, che era ed è ancora il montanaro. Uno spreco di valori rovinoso, per sostituirvi un cattivo operaio da catena di montaggio, un mediocre burocrate, un gelatiere all'estero, che, con tutto il rispetto per tale categoria, il cui relativo benessere è frutto di enormi sacrifici, spesso diviene un ibrido umano e culturale, senza più alcun legame reale, con la sua terra e la sua civiltà [...].
Piero Rossi, IL PARCO NAZIONALE DELLE DOLOMITI, Nuovi Sentieri Editore, Belluno 1976.

Tramonto sulle terre alte?
Qualche anno fa, pur nella discontinuità degli interventi coi quali l'ho in seguito popolata, avevo pensato ad un raccolta di scritti intitolata Sulle tracce di Piero proprio in omaggio allo scrittore ed alpinista bellunese - friulano Piero Rossi (1930-1983) ed alla sua intensa attività bibliografica dedicata alla vita ed al lavoro delle comunità montane sulle terre alte. Mai come in questi giorni, mentre poco a poco l'ecatombe umana ed ambientale scatenata dal maltempo sui monti veneti si sta rivelando in tutta la sua gravità, ritengo che l'analisi e la visione di Piero Rossi siano oltremodo attuali e lungimiranti.
Nel momento in cui sto scrivendo, le esatte proporzioni e l'entità dei danni in alto Agordino, Zoldo, Comelico e nelle altre vallate della Provincia bellunese sono ancora oggetto di una stima approssimativa, che diventerà certamente più precisa durante le prossime settimane. In qualità di abitatore e frequentatore pluridecennale di queste medesime contrade, voglio comunque fin d'ora anticipare un paio di considerazioni. La prima è strettamente personale: in un futuro che mi auguro non troppo lontano, tornare a visitare questi posti anche soltanto in qualità di escursionista non sarà emotivamente facile, sebbene in buona misura auspicabile. Non facile, perché in parte sembrerà di andare a mettere il naso nelle disgrazie altrui; in ogni caso auspicabile perché anche l'escursionismo, (almeno quello "sostenibile", non consumistico e non invadente) costituisce un'attività compatibile con la conservazione della cultura alpina, nel rispetto delle sue peculiarità ed aspetti locali.
In secondo luogo, un semplice dato riguardante la tendenza demografica dell'ultimo mezzo secolo: i Monti Pallidi si stanno spopolando, in modo lento ed inesorabile. I collegamenti stradali verranno certo ripristinati, le linee telefoniche e la corrente elettrica torneranno nelle abitazioni insieme all'acqua potabile. Perfino i devastati boschi di conifere riprenderanno lentamente il proprio aspetto, nel tempo relativo di qualche generazione. Ma le ferite sofferte dalla cultura e dallo spirito delle comunità umane rischiano di accelerare il processo di fuga dalla montagna che è già in atto da decenni. Le strategie con le quali l'emergenza verrà gestita nel corso dei prossimi mesi, da questo punto di vista, potrebbero fare la differenza. La montagna non appartiene soltanto a chi la abita: è un patrimonio universale, e se i valligiani continueranno fra mille fatiche a prendersene cura, questo fatto andrà di certo a vantaggio dell'economia, del benessere e della sicurezza anche di chi abita centinaia di chilometri distante da questi luoghi sfortunati.

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