giovedì 20 dicembre 2018

IL MARE A BELLUNO

Capraia... oppure Irlanda?
Ancora mare, ancora isole, alla faccia di quanti sostengono che penso soltanto alla montagna ed invece si sbagliano di grosso. In questo periodo mi viene spontaneo pensare a posti così, naturalmente isolati come vorrei essere anch'io sempre più spesso. Era il giugno dell'anno 2006, ed insieme ad un gruppo di amici mi trovavo sull'arcipelago toscano con lo zaino in spalla, in cerca di sentieri ma anche di quegli attraenti locali con tavolo, cibo e bevande che spesso stanno in agguato alla fine dei sentieri. In questo, la ricerca fu coronata da successo. Qualche mese più tardi scrissi questo breve promemoria per ricordare l'avventura. «Saluti dall'Irlanda», scrisse infine nel 2017 un amico burlone come didascalia ad una foto appena pubblicata su un social network: l'immagine ritraeva una costa insulare dirupata e sferzata dal maltempo, che non era esattamente l'Irlanda ma le assomigliava assai. Era proprio Capraia, e lo scatto era preso dal medesimo belvedere dove mi ero fermato anch'io più di dieci anni prima. Cortocircuiti tipici dei viaggiatori isolani.

Fa uno strano effetto imbarcarsi a Livorno in direzione dell'isola Capraia ed affidarsi alla benevolenza delle onde per tre o quattro ore di navigazione, in mezzo al grande arcipelago toscano. Da un lato è inevitabile fare i conti con la buonanima di Dante Alighieri, e la sua invettiva a margine della vicenda del Conte Ugolino:

Ahi Pisa, vituperio de le genti / del bel paese là dove 'l sì suona / poi che i vicini a te punir son lenti / muovasi la Capraia e la Gorgona / e faccian siepe ad Arno in su la foce / sì ch'elli annieghi in te ogne persona!

D'altro canto è quasi impossibile doppiare la boscosa isola di Montecristo senza sentirsi almeno per breve tempo Edmond Dantès in fuga dalla prigione marsigliese del Castello d'If: accade soprattutto quando si comincia a scorgere in lontananza il profilo di Capo Corso che si staglia nella nebbiolina di una mattina di giugno, con i suoi moderni ed efficienti impianti eolici (a casa nostra continuano a sostenere che sono antiestetici e che deturpano il paesaggio, ma a dirlo sono sempre gli stessi che sono anche a favore degli inceneritori e delle centrali atomiche).
Trattandosi di un'isola, Capraia gode di tutti i privilegi e le scomodità propri della terra staccata dal Continente: quando si tratta di territorio circondato dal mare, tutte le abituali certezze legate alla quotidianità della terraferma sembrano vacillare. A cominciare proprio dalle comunicazioni via mare: il tempo è incerto, non si sa quando si partirà e se il traghetto potrà attraccare fuori della piccola rada, una volta giunti a destinazione. È possibile infatti che il capitano decida all'ultimo momento di rimanere al largo per evitare che la furia delle onde possa far schiantare il bastimento sul duro cemento del molo.
Sono finiti i tempi in cui le isole italiane erano sede di impopolari e detestate colonie penali: al giorno d'oggi l'arcipelago toscano non offre più rifugio ai carcerati bensì soltanto alle agavi, i fichidindia, i pulcinella di mare ed i viaggiatori in cerca di solitudine, tanto che il ritmo di vita dei pochi abitanti ha finito per adeguarsi. Uno dei primi dettagli a colpire l'attenzione è il modo di trascorrere il tempo escogitato dalla Forza Pubblica: due volte al giorno una pattuglia di Carabinieri lascia infatti gli uffici della caserma e percorre a bordo di una Fiat Punto i circa due km di strada asfaltata che separano il borgo di Capraia dal porto, per andare a sbirciare le facce nuove che saltano giù dal traghetto. Non importa se uno dei passeggeri abituali del naviglio è il poco prosaico furgone della nettezza urbana incaricato di trasportare i rifiuti in terraferma: l'importante è dimostrare di essere presenti in prima linea, pronti a fronteggiare eventuali imprevisti.
Capraia vive di mare e di turismo. Ad eccezione del borgo e della zona intorno al porto, l'isola è praticamente disabitata ed è attraversata da viottoli sassosi che si inerpicano in mezzo alla macchia mediterranea. Ammirando il mare dal comprensorio delle vecchie carceri in direzione dell'isola d'Elba, dove un illustre ladrone del tempo che fu venne costretto ad un po' di soggiorno obbligato, non si può fare a meno di pensare a noi stessi in una pellicola di Gabriele Salvatores: si chiama Capraia ma è quasi Grecia, ed il vino aleatico che si degusta nelle locande del porto è una bevanda inebriante che ci trasporta verso Oriente sulle ali della calda brezza marina.
A Capraia non è facile approdare, ma partire è ancora più complicato, soprattutto quando il vento di grecale solleva onde alte come case e diffonde un rassegnato pessimismo sull'arrivo del prossimo traghetto. Gli isolani ci hanno fatto l'abitudine e se la prendono comoda, ma per un manipolo di montanari oriundi dolomitici questa atmosfera di incertezza rappresenta motivo di inquietudine, soprattutto quando il fine settimana volge al termine ed il lunedì mattina la timbratura del cartellino incombe impietosa. Il mare rappresenta la grande variabile indipendente di tutte le isole, ed il proprietario di una trattoria del porto osserva incuriosito il nostro comportamento: «Ma da dove venite?», ci chiede infine dopo averci esaminato per bene. Da Belluno, veniamo, e che diamine. «E che, non ce l'avete il mare, a Belluno?»

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