giovedì 23 maggio 2019

AELIA CAPITOLINA

Nonostante questo blog tratti in massima parte di piccole avventure personali e aneddoti vissuti grazie all'esperienza del cammino camminato, da diverso tempo cercavo l'occasione per scrivere qualcosa a proposito del mio viaggio in Israele avvenuto nel dicembre del 2017. Non si è trattato di un itinerario realizzato a piedi propriamente detto: un comodo autobus ci ha scarrozzati infatti dapprima in Galilea ed in seguito attraverso la catena montuosa centrale per giungere infine a Tel Aviv passando per Gerico e la Valle del Giordano, ma a conti fatti ricordo alcune discrete scarpinate effettuate nella parte più storica di Gerusalemme e nelle immediate vicinanze.
Ad ogni modo, per come lo vedo io il cammino non è altro che uno strumento di conoscenza, e nel caso di Israele mi sono comunque portato a casa diversi insegnamenti che considero importanti. Ne racconterò soltanto un paio, in modo da non essere troppo tedioso. Il valore della molteplicità culturale: è il primo concetto che mi è venuto in mente osservando lo spettacolo dei tetti di Gerusalemme vecchia dalla terrazza del convento cristiano - maronita che ci ospitava. Qualcosa di indimenticabile: forse in nessun altro luogo al mondo è presente un così grande numero di storie diverse concentrate in poco spazio, sebbene in nessun altro luogo del pianeta questa convivenza abbia richiesto un così pesante tributo di sangue.
Le radici di questa molteplicità sono di antica data: gli imperatori romani Vespasiano e Tito si procurarono un bottino leggendario grazie alle guerre giudaiche, grazie alle quali finanziarono insieme a tutto il resto anche la costruzione del Colosseo. Ma gli Ebrei non si considerarono sconfitti nemmeno dopo la distruzione del secondo tempio - quello di Erode, nel 70 d.C. - tanto che ancora durante il regno dell'imperatore Adriano quasi alla fine del secondo secolo vi furono rivolte ricorrenti che costrinsero i romani a schierare ben dodici legioni per fare piazza pulita di questi sudditi dell'impero così refrattari all'assimilazione forzata. Cominciava la diaspora, e alla città di Gerusalemme venne addirittura cambiato il nome in Aelia Capitolina affinché ogni traccia e memoria della cultura ebraica venisse cancellata.
Il valore della laicità: durante la successiva visita al monte del tempio ci accompagna Dan Bahat, celebre archeologo e docente universitario israeliano che ha esplorato a fondo le gallerie e i cunicoli sottostanti il monte Sion. Durante una conferenza tenutasi la sera precedente alla sede dei cristiano - maroniti, il professore ci ha già illustrato le ipotesi storicamente più attendibili riguardanti il destino dell'arca dell'alleanza, mentre oggi ci guida con competenza ed autorevolezza attraverso i check - point israeliani e palestinesi fino alla spianata delle moschee, sulla scalinata meridionale, nei cunicoli che conducono alla zona archeologica della Città di Davide e scendono infine verso le piscine di Siloe: Dan Bahat gode di una posizione privilegiata in virtù del suo ruolo di studioso, e nonostante sia israeliano viene rispettato anche dalla fazione palestinese.
L'unico "incidente" quasi buffo ha luogo proprio al check - point antistante l'ingresso alla spianata. Mentre infatti i militari dell'IDF si accertano che il nostro bagaglio non contenga armi da fuoco o altri oggetti pericolosi, la controparte palestinese procede ad un tipo di controllo del tutto diverso: i miliziani ispezionano infatti borse e zaini delle nostra comitiva per verificare che non contengano bibbie o vangeli (con me non corrono di certo questo rischio, ma loro non lo sanno) in grado nella loro mentalità di contaminare i loro luoghi sacri. Ricordo questo episodio singolare come uno dei momenti più significativi dell'intero viaggio in Israele. Anche da dettagli come questo si comprende l'esistenza di un importante spartiacque: da una parte uno Stato democratico moderno che si preoccupa della tua sicurezza, qualunque siano le tue opinioni; dall'altra parte una teocrazia la cui unica preoccupazione sembra essere la salvezza della tua anima, a scapito di tutto il resto.

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