sabato 2 febbraio 2013

FUNIVIE ED INVERSIONI TERMICHE


Sulla vetta del monte Rite
Domenica 23 Dicembre 2012: DOLOMITI DI ZOLDO, monte Rite (m 2183). Escursione con le ciaspe su uno dei migliori punti panoramici delle Dolomiti di Zoldo e d’Ampezzo. Partenza a piedi dal passo Cibiana (m 1530) e salita lungo i tornanti della strada militare fino al vecchio forte, oggi Messner Mountain Museum. Ritorno a valle per la stessa strada. Circa 700 metri di dislivello, 2 ore e ½ fino alla cima, 1 ora e ½ per la discesa. Meteo sereno ma leggermente offuscato in quota, soprattutto verso sud. Temperature alte in modo anormale (solo -4° alla partenza), e rilevante inversione termica con vento caldo in quota. Neve in pieno scioglimento in vetta, con i blocchi di ghiaccio che si staccano dal tetto del rifugio e scivolano a terra saltando come da un trampolino. 

Il racconto di una gita invernale sul monte Rite può iniziare da una breve nota di cronaca, con citazione da Il Corriere delle Alpi nell’edizione di domenica 23 dicembre 2012: «Messner, ultimatum alla Regione. Pronto a chiudere il museo di Cibiana: “L’impianto di risalita o me ne vado”. Ambientalisti contrari». Ci siamo forse persi qualcosa? Allora, ritorniamo indietro di qualche pagina.

Il monte Rite non è certo una cima dolomitica da cartolina come Civetta o Pelmo. Si tratta invece un panettone roccioso alquanto privo di estetica ed in buona parte ricoperto da boschi, che nel primo conflitto mondiale ospitò un forte militare in virtù della sua importanza strategica come punto di osservazione privilegiato sulle valli del Boite, Cadore e Zoldo.
Dopo decenni di abbandono, nel 2002 il vecchio forte è stato restaurato ed oggi ospita un rifugio ed un museo sulla montagna voluti dall’alpinista Reinhold Messner. «Messner ha rianimato il turismo, specie culturale, in questo angolo delle Dolomiti», si spiega ancora sul Corriere, «portandovi – anche la scorsa estate – decine di migliaia di turisti stranieri, tedeschi in particolare». Il re degli ottomila ora sostiene la necessità di una funivia che porti i visitatori fino in vetta: «Stanco di attendere una risposta, Messner ha lanciato un ultimatum: o si fa l’impianto di risalita, o me ne vado. Un disastro annunciato, se accadesse». Il costo dell’opera viene stimato in tre milioni di euro.

Siamo ancora del tutto all’oscuro di tutto ciò quando, una strana mattina di inverno dalla temperatura tiepida e piuttosto anomala, sguainiamo le ciaspe e lasciamo forcella Cibiana in direzione della cima del monte Rite. Sulla vecchia strada militare il manto bianco è stato battuto da un gatto delle nevi fino alla galleria antistante la prima caserma. Ripeto, il monte Rite di per sé non possiede nulla di speciale: i sette chilometri di strada bianca (d’inverno e anche d’estate) che conducono in vetta sono piuttosto monotoni, e non offrono alla vista alcuna parete dolomitica di prima grandezza.

Il discorso cambia quando, una volta oltrepassata una galleria, in pochi tornanti si sbuca in cresta all’altezza di forcella Deòna (m 2053). Di punto in bianco la massiccia mole piramidale dell’Antelao ti lascia di stucco, e da questo momento in poi sembra veramente di stare in mezzo alle nuvole: Sorapìss, Tofane, Croda da Lago, Pelmo, Civetta, Moiazza, Marmolada, Schiara, Bosconero, Cridola e Monfalconi ti circondano a 360 gradi: nelle giornate più serene lo sguardo può spingersi fino alla Valbelluna, le Pale di San Martino e l’alta valle del Piave.

Ormai in direzione della cima, la strada militare oltrepassa un recinto dove d’estate viene custodita una mandria di yak ed infine si giunge in prossimità del rifugio Dolomites dove sperimentiamo in tutta la sua potenza il fenomeno dell’inversione termica. Banalmente, si tratta di quella particolare situazione atmosferica tipica della stagione invernale, per la quale in basso fa freddo ed in quota fa caldo. Nel nostro caso, ad oltre duemila metri ci sta soffiando in faccia un vento caldo che suggerisce l’imminente fioritura di primule e margherite, quando la prudenza ci suggerirebbe di non guardare in basso bensì in alto: il tetto metallico del rifugio sta infatti scaldandosi, e nella nostra posizione rischiamo di prenderci in faccia i consistenti blocchi di neve ghiacciata che stanno lì in bilico, appesi al nulla.

Tornati al passo Cibiana poco prima del calar del sole, ritroviamo temperature più adatte a questa giornata prenatalizia insieme alla consueta neve ghiacciata che crocchia sotto gli scarponi. Ma davvero sul monte Rite servirebbe una funivia per portare la gente in cima? Chissà, se il problema fosse solo evitare il viavai estivo dei bus navetta con relativi polveroni soffocanti, potrebbe anche essere una buona idea. Eppure, resto convinto che una possibilità ancora migliore sarebbe cercare di convincere il maggior numero possibile di escursionisti che la montagna è un’esperienza veramente di qualità solo quando la si “conquista” con le proprie gambe. Se tuttavia non se ne può proprio fare a meno, lancio alla posterità il seguente quesito: perché Reinhold Messner non costruisce l’impianto a fune finanziando i lavori di tasca sua, invece di chiedere soldi a noi, poveri contribuenti di un territorio montano già abbastanza penalizzato?

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