sabato 6 ottobre 2018

ALL'IMPROVVISO, IL MAGO

Manolo alla Libreria Tarantola (Belluno, 5 ottobre 2018)
Maurizio Zanolla, in arte il Mago, per gli amici e la famiglia Manolo: una breve e folgorante apparizione in quel di Belluno nei locali della Libreria Tarantola per la promozione della sua opera prima Eravamo immortali (Fabbri Editori), presentato al pubblico ed intervistato dal comune amico Tito De Luca. Manolo, sessant'anni compiuti da pochi mesi e quasi abbordato da un'ex giornalista della RAI, a suo dire ammaliata dai suoi occhi azzurri e profondi. Manolo, che spende con entusiasmo un'ora del suo tempo (ma non di più, perché le chiacchiere stufano presto, sostiene lui) per raccontare il suo libro, da lui stesso definito come il pagamento di un debito di riconoscenza verso la sua buona stella.
Quasi tutti i lettori sostengono che non si tratta di un libro tecnico di montagna e scalate in senso stretto, ed in effetti è proprio vero: Eravamo immortali tratta soprattutto del mito dell'evasione e della fuga, che nel caso del protagonista non è tanto un mito quanto piuttosto la realtà. A Manolo piaceva letteralmente evadere già quando era piccolo dallo sguardo vigile e dalla sorveglianza dei nonni, i quali nel tentativo di limitare la sua vivacità avevano perfino costruito una specie di rete da pollaio per poterlo sorvegliare meglio. Più avanti negli anni, ormai adulto, Manolo sceglie ancora di evadere da un avvenire sotto forma di fabbrica ed inquadramento operaio per guadagnarsi da vivere come rocciatore addetto a disgaggi e lavori in quota: «Era un lavoro pericoloso, sgobbavo anche sedici ore al giorno con pala e piccone ed era senza dubbio peggio della fabbrica da cui ero fuggito, ma almeno stavo all'aria aperta ed a me andava bene così».
Tito De Luca intervista Manolo
E poi la scoperta della roccia, una nuova partenza dopo la parentesi assai poco stimolante delle gare di atletica durante le quali, vincendo quasi senza impegnarsi, addirittura si annoiava e sentiva di non meritare affatto il traguardo del podio: «Arrampicavo per la prima volta, non conoscevo neanche il nome delle vette attorno a casa mia, ignoravo del tutto chi fossero i vecchi dell'alpinismo ed avevo perfino paura della montagna e delle pareti. Ma attraverso la scalata ho imparato a superare le mie paure, anche quelle della vita». Manolo entra da subito in confidenza con la croda: «La roccia non mi sembrava dura e repulsiva, anzi. Sotto le mie mani sembrava deformarsi e diventare una specie di cuoio morbido, e le sue rughe rappresentavano gli appigli dove avrei potuto attaccarmi».

Ma i tempi sono cambiati, anche in montagna: «Quando eravamo bambini aspettavamo impazienti e con curiosità il passaggio di qualche rara automobile sulle vie dei nostri paesi. Ora avviene piuttosto il contrario, e bisogna attendere ore per riuscire ad attraversare la strada incolumi».

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