Un anno fa moriva Mario Crespan. In suo ricordo riporto qui di seguito una recensione del libro Ritorni a valle (Luca Visentini Editore, 2011), pubblicata su Il Corriere delle Alpi il 29 novembre 2011.
*** ***
Montanaro ed artista, atleta eclettico e viaggiatore incallito,
alpinista ed intellettuale controcorrente: Mario Crespan è stato tutte
queste cose insieme, nonostante fosse soprattutto noto per la sua
abilità di illustratore su un gran numero di pubblicazioni di montagna.
Ad un anno dalla sua scomparsa (Mario è mancato il giorno 11 novembre
2010 a causa di una malattia incurabile), un bel libro curato dall'amico
editore Luca Visentini ci ripropone oggi i percorsi montani ed il punto
di vista di Mario Crespan in veste di scrittore: «una serie di scritti a
cavallo tra riflessione e racconto» intitolata Ritorni a valle come
l'omonima rubrica tenuta per alcuni anni dall'autore sulla rivista
telematica Intraisass.
Il Mario Crespan che ritroviamo tra le pagine di questo libro è davvero
una personalità abituata a procedere «in direzione ostinata e
contraria», come da sua spontanea citazione del cantautore Fabrizio De
André. È il titolo stesso a rappresentare un elemento rivelatore: un
alpinista di primo piano si sarebbe di certo soffermato sulle salite più
impegnative e sui gradi più repulsivi, mentre in questo caso l'autore
sceglie appunto di privilegiare il rientro a casa, che soltanto in
apparenza è il momento più trascurabile della sua impresa. «È proprio il
ritorno a valle dopo l'ascensione che opera un fulmineo montaggio
dell'esperienza alpinistica appena vissuta», spiega Crespan nella nota
introduttiva, «la razionalizza, ne circoscrive i significati e crea
riserve di memoria fertile per i giorni a venire».
Mario aveva grande familiarità con similitudini e metafore, forse anche
in virtù della sua convinzione che in ogni atto umano o tradizione
popolare anche banali vi fosse un preciso significato che suscitava la
sua curiosità. Ricordo come fosse ieri il nostro primo incontro,
avvenuto nel 2003 a margine del premio Pelmo d'Oro per la cultura alpina
appena conferito alla coppia Crespan - Visentini. «È sempre il vecchio
problema dei ricci che devono passare l'inverno», spiegò in
quell'occasione il Nostro a proposito delle problematiche del turismo in
montagna: «Troppo vicini rischiano di trafiggersi, eccessivamente
lontani finiscono invece per morire di freddo. Occorre trovare un asse
di equilibrio che consenta di preservare la wilderness e nello stesso
tempo praticare un turismo più rispettoso».
Ritorni a valle, da questo punto di vista, è pieno di simili
riferimenti. I tortuosi sentieri nel bosco diventano ad esempio «terreno
di scomodi ripiegamenti interiori» nell'attesa del cielo e della luce,
simboli «di punti cardinali ed orientamento ritrovato». Perfino la
prassi montanara della pulizia dei sentieri diventa spunto per una
riflessione: «Un altro insegnamento che proviene da molto lontano nel
tempo», lo definisce Mario osservando un compagno mentre sgombra alcuni
ostacoli da un viottolo, «un sommesso invito a contribuire al bene
comune, un'ascendenza di atavica saggezza giunta fin qui attraverso
l'amico, ultimo frazionista di una lunga corsa di staffetta».
Non c'è soltanto la montagna in questa collezione di articoli di Mario
Crespan. Ritorni a valle contiene naturalmente tutte le grandi
passioni dell'autore come lo sci da fondo, la storia dell'arte, le due
ruote motorizzate oppure a pedali. Senza dimenticare infine l'avventura
del viaggio, che nel caso di Mario assume il preciso significato di una
ricerca anche interiore. Elenco di seguito soltanto alcuni riscontri
significativi: l'ascensione in Provenza sulla Montagne Sainte-Victoire
sulle tracce del pittore Paul Cézanne; il pellegrinaggio sui luoghi di
vita (e di morte) di Vincent Van Gogh; la vertiginosa traversata delle
arcate del Pont du Gard nei pressi di Nîmes, improvvisata un bel giorno
per meglio comprendere il rapporto dei nostri antenati con il vuoto e la
vertigine.
A Mario Crespan scottava forse la terra sotto i piedi? Forse un poco sì:
il temperamento del giramondo era parte di lui ed egli lo percepiva in
modo chiaro. Lo si capisce senza ombra di dubbio quando si sofferma a
descrivere la quiete di certi paesini alpini, che possono vantare
atmosfere più domestiche e rassicuranti di molti spazi urbani: «Sento
aleggiare accanto a me il soffio ancora intenso di eventi che ho udito
più volte narrare, ed ai quali continuo a riconoscermi estraneo. Dalle
finestre del mio studio gli occhi si fissano sulle montagne che mi
parlano all'orizzonte di settentrione. E di nuovo mi assale la nostalgia
di una casa che non potrò mai possedere». Chissà, forse in altri tempi
ed in altri luoghi un altro romanziere ha già espresso pensieri simili. E
li ha intitolati Il Richiamo della Foresta.
Nessun commento:
Posta un commento
Caro lettore, questo blog è moderato, e per commentare è necessario prima registrarsi.